venerdì 17 febbraio 2012

fatidico "non c'é nulla da fare", propinatogli da "esperti" così evidentemente autorizzati, così evidentemente legittimi, così difficilmente contestabili.
Paradossalmente, il più difficile é stato trasmettergli l'informazione, permettergli di capire che, per quanto autorizzato fosse, quel "non c'é nulla da fare" poteva aver meno valore di quanto si credesse e che valesse la pena di tentare una scommessa diversa. Infatti, come potrebbe mai essere elaborata una domanda terapeutica simile, da parte di pazienti che non possiedono alcuna "immagine mentale" delle potenzialità della plasticità neuronale e delle proprietà delle situazioni d'apprendimento ?
Basta recarsi sui siti, sui forum, sui blog che trattano delle malattie del SNC, per constatare che, i pazienti e i famigliari versano in un profondo smarrimento e vagano, disorientati, angosciati[1], alla ricerca di risorse accessibili e affidabili. Si vede chiaramente quanto sia difficile trovare le informazioni comprensibili per articolare la patologia ai meccanismi concreti che si svolgono nel SNC, per farsi un'opinione sulle diverse metodologie di riabilitazione e sui loro fondamenti neurofisiologici e, ancor più, per identificare e localizzare concretamente, sul territorio, gli operatori sanitari corrispondenti.
Eppure, i bollettini delle associazioni testimoniano d'una gran volontà dei malati e delle famiglie di esser utili, a sé e agli altri. Il loro desiderio di prendersi per mano è evidente : molti di loro, rifiutano di fermarsi a quel "non c'é nulla da fare", sono i molti a cercano di non arrendersi passivamente, sia organizzando iniziative di solidarietà, di svago, culturali, sportive… sia pubblicano delle pagine Internet per "sensibilizzare la gente" o per cercare, consigli, appoggi, aiuti, sia participando alle associazioni della loro patologia particolare.
Però il funzionamento delle loro associazioni rispettive, estremamente attente e reattive ad ogni novità in campo bio-genetico-farmacologico, focalizza l'attenzione e l'informazione in quell'ambito, convogliando la maggior parte delle energie disponibili verso la raccolta di fondi destinati a finanziare la ricerca.
Non c'é dubbio che i progressi che le scoperte della ricerca in campo genetico e farmacologico sono della più grande importanza … ma nella vita d'ogni giorno i malati hanno anche bisogno di essere informati dell'esistenza di diverse strategie riabilitative, tra cui le metodiche cognitive, di capire cosa le differenzi e quali obbiettivi permettano di raggiungere.
Anche se riuscisse a scoprirne l'esistenza, il paziente che cerchi un operatore sanitario aperto ai principi-guida delle metodiche cognitive, che si focalizzi sui circuiti cerebrali alterati, che si proponga di stimolare le potenzialità della plasticità neuronale… qualcuno che sia orientato altrimenti che verso le pratiche classiche del lavoro muscolare, che sappia inventare i gesti che sollecitano non solo i muscoli e i riflessi, ma soprattutto l'attenzione, la concentrazione, le intenzioni, le memorie, le emozioni, il linguaggio, la percezione… dovrà rassegnarsi ad affrontare, da solo, un vero e proprio percorso del combattente, senza mai sapere quali siano i principi a cui si appoggiano gli specialisti che incontra.
É vero che potrà pur sempre compiere una ricerca su Internet, visto che chiunque può accedervi : quì, però, non troverà nessun corpus integrato d'informazioni, ma un'importante massa di elementi frammentari, redatti quasi sempre in un linguaggio scientifico, estremamente arduo, oppure delle presentazioni pro domo sua, molto vicine alla pubblicità che vantano i meriti di questo o quel metodo. Una mole di materiali, insomma, molto difficili da riorganizzare in un quadro organico, da parte d'una persona isolata.
Ci si può augurare che, andando al di là della frammentazione prodotta dalla classificazione dei pazienti in funzione dei loro sintomi[2], le associazioni di malati  propongano un servizio d'informazione nel campo dei metodi di riabilitazione più moderni.
Se un'iniziativa di questo tipo continuasse a mancare, sarebbe bene che certi malati e certi terapeuti iniziati a queste metodiche ne prendessero l'iniziativa direttamente. Non si ripete forse a sazietà che il paziente deve prendersi per mano e che é compito suo di individuare la terapia che gli conviene ?
Perché non approfittere delle possibilità offerte dalle NTIC per raccogliere, presso dei terapeuti e presso i malati stessi, l'importante sapere collettivo, già accumulato nell'assieme delle
patologie cerebrali che compromettono la capacità di muoversi e di relazionarsi con l'ambiente
reso accessibile e messo a disposizione dei malati e delle famiglie che desiderano informarsi ?
Le esperienze di molti pazienti, nei diversi gruppi di patologie vicine e, soprattutto, quelle d'operatori sanitari che praticano diverse metodiche[3], potrebbero essere raccolte, elaborate, valorizzate e rese accessibili, attraverso una piattaforma informatica, messa on line, come sito web (senza pubblicità) che, invece di focalizzare sull'origine genetica dei sintomi, rendesse comprensibili le basi neurofisiologiche delle pratiche di riabilitazione.


[1] Un solo esempio, tra mille : "Mia figlia, fa terapia da ormai 3 anni; nessuno ci ha mai detto che ci sono tecniche diverse; tutto viene dato per scontato come se ai genitori non importasse. Poi, un giorno, per  caso, vieni a sapere che ci sono altre strade e che, magari, quello che stanno facendo, fa dei danni.. E adesso, come faccio a decidere ? Un genitore nel panico cosa deve fare?"
[2] Classificare i pazienti in base alle loro incapacità (a-tassia, a-gnosia, a-kynesia, a-fasia, dis-trofia, dis-tonia, ipo-kynesia, perdita di memoria, deficit cognitivo…) può esser utile dal punto di vista neurologico, ma non lo é dal punto di vista del riabilitatore, molto più interessato a porre l'accento su ciò che il paziente sa e può fare. D'altra parte, visto il numero di queste patologie, caratterizzate, ciascuna, d'una prevalenza molto bassa, questa classificazione frammenta l'assieme in strutture troppo piccole per accorgersi di tutto quello che accomuna le affezioni  d'origine cerebrale e per capire le potenzialità degli approcci cognitivi.
[3] Senza prendersi per il profeta dell'una o dell'altra.

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