venerdì 17 febbraio 2012





necessarie, perderebbero la clientela, mentre i centri di rieducazione sarebbero costretti a ingaggiare degli specialisti" (Olivier Gorgy Psychomotricien, Docteur en Sciences du Mouvement).
"L'ambiente riabilitativo e la clinica sono poco inclini ad utilizzare queste procedure; infatti, le tassonomie classiche e gli elenchi di sintomi che i manuali delle scuole di Medicina offrono come chiavi di lettura dei fenomeni non spingono a valorizzare le afferenze, a studiare il controllo motorio, né a capire che la segnalazione sensoriale continua degli eventi della periferia é essenziale all'organizzazione centrale del movimento" (Dottor Piero Orsini, medico ospedaliero neurologo, che ha esercitato per molti anni al reparto di Neuroriabilitazione di Cisanello (Ospedale di Pisa).

Così, per esplorare le fonti d'informazione accessibili a un profano, mi sono addentrato nella giungla di Internet, con l'aiuto di qualche parola chiave (che Google trasformava immediatamente in sesamo apriti). Lungo il percorso, ho avuto modo di capire meglio l'articolazione tra movimento e attività cerebrali e di chiarire in che modo la riabilitazione possa incidere su patologie neurologiche che, pur essendo differenti, presentano, spesso, sintomi simili o vicini. Ho cercato di tradurre le informazioni raccolte in un linguaggio il più comprensibile possibile : quello che ho imparato potrebbe esser utile ad altri che, come me, sono alle prese con un "non c'é nulla da fare", di cui rifiutano d'accontentarsi.

L'esplorazione della scatola cranica : evoluzione scentifica, versus evoluzioni terapeutiche.
Fino a pochi anni fa, il cervello era considerato come una "scatola nera", pressoché impenetrabile e si pensava che le contrazioni muscolari non fossero che una concatenazione meccanica tra stimolo e risposta, riconducibile, sostanzialmente, al funzionamento dei centri spinali riflessi che costituiscono il livello più semplice d'organizzazione dei movimenti.
Dotati di poche sinapsi, questi circuiti nervosi[1] producono contrazioni, prima ancora che gli stimoli raggiungano le strutture cerebrali, innescando immediatamente reazioni inconscie o involontarie, riflessi automatici e stereotipati, programmati, una volta per tutte, a prescindere dalla situazione dell'individuo. Un dolore, una puntura, una scottatura evocano il riflesso flessorio e quello di ritrazione... una estensione muscolare rapida o, semplicemente, la forza di gravità suscitano la risposta invariabile del riflesso di stiramento. Però, i centri del midollo spinale che, normalmente, sono controllati e modulati da parte dei centri superiori, possono generare, anche, eccitazioni cicliche e sincronizzate e, nell'individuo sano, sono capaci di gestire automaticamente movimenti ripetitivi, ritmici e regolari di una certa difficoltà, come la deambulazione e la masticazione (salvo le fasi iniziali e terminali che restano sotto controllo cerebrale).

Subito dopo un trauma, mentre i centri nervosi dei livelli più complessi continuano ad essere inibiti, il ricupero spontaneo può riattivare i circuiti spinali che, grazie proprio alla loro semplicità, ritrovano, per primi, una funzionalità, facendo ricomparire schemi di movimento elementari che, però, non permettono una motilità elaborata.
Al di là dei processi spontanei, diverse procedure riabilitative si prefiggono l'obbiettivo del ricupero; tutte devono operare in situazioni in cui le strutture cerebrali sono impedite sia di modulare i centri di controllo inferiori, sia di svolgere un ruolo effettivo nella programmazione delle risposte motorie. Da un punto di vista neurofisiologico, queste procedure possono esser classificate secondo i livelli più o meno elevati d'organizzazione del SNC sui quali si propongono di agire e secondo i livelli più o meno elevati di ricupero che mirano ad ottenere.


Basandosi sul sapere ortopedico, sulla conoscenza degli schemi riflessi e su conoscenze elaborate prima della rivoluzione neurofisiologica, le tecniche neuromuscolari cercano di agire su circuiti periferici elementari, mettendo in gioco strategie sincroniche, tipo stimolo/risposta, a base di forze fisiche (pesi, stiramenti, stimolazioni...) che si ripetono da soggetto a soggetto. Sollecitando i livelli d'integrazione elementari del SNC, evocando risposte muscolari, determinate, misurabili, come la forza o la comparsa di contrazioni più o meno complesse, queste strategie programmano i movimenti grazie a strutture sprovviste sia della possibilità d'influire sui centri superiori, sia della capacità di imparare e di memorizzare.Il recupero compensatorio o comportamentale[2] ottenuto, rende relativamente autonomo il paziente, permettendogli di muoversi, ma gli consente strategie motorie poco evolute[3], legandolo a schemi di movimento





[1] Si tratta di circuiti con poche sinapsi, al livello di controllo dei centri del midollo spinale (come i riflessi antagonisti agli stiramenti), che gestiscono reazioni funzionali (stendere il braccio quando si cade … irrigidire la gamba che sostiene il peso …) e che possono permettere al soggetto comportamenti stereotipi, grazie a schemi motori i semplificati che, però, renderanno più difficile ristabilire movimenti corretti.
[2] Chiamato anche, funzionale o adattivo, perché trasferisce la funzione danneggiata, verso strutture risparmiate, utilizzando la loro capacità d'assolvere processi che, normalmente, non sono di loro pertinenza, pur continuando a svolgere le loro funzioni canoniche. Questo tipo di ricupero costituiva l'obbiettivo delle tecniche neuromuscolari affermatesi nell'immediato dopoguerra, che utilizzano stimoli sincronici semplici, per inibire o riattivare schemi motori riflessi, in modo di facilitare determinati movimenti o di prevenire danni da non uso.
[3] Con il braccio capace, solo, di spingere e di tirare, con la mano che segue traiettorie paraboliche per afferrare un oggetto, con la gamba utilizzata come un pilone che avanza il piede, sollevando l'anca e falciando…

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