venerdì 17 febbraio 2012

prédefiniti, che limitano il suo rapporto con l'ambiente e, consolidandosi nel tempo, diventano difficili da modificare.
I risultati mediocri ottenuti con metodiche che cercano risposte immediate da parte del malato e agiscono sui livelli più semplici di controllo, avevano già suggerito (fin dalla fine degli anni '60) a coloro che ritenevano insufficiente di puntare su riflessi e sui rinforzi muscolari, che fosse possibile usare i flussi d'informazione provenienti dai ricettori del corpo (le afferenze) come canale d'accesso per incidere direttamente sui processi con cui il SNC trasforma gli stimoli in risposte motorie (processi cognitivi), in modo da riconquistare configurazioni muscolari volontarie più numerose, più complesse e meno delebili.

Le loro intuizioni empiriche sarebbero state, ben presto, confermate dalla rivoluzione neurofisiologica[1], imperniata sulla neurovisuoalizzazione, dalle nuove conoscenze sullo sviluppo funzionale del cervello, dalle ricerche su modelli animali e dall'osservazione clinica che, nel giro d'un ventennio, avrebbero rivoluzionato il sapere neurofisiologico, mettendo in crisi molti presupposti dell'immaginario neuro-anatomico classico.

Constatando che la contrazione d'un muscolo non é gestita, sempre, dalla stessa area, ma può dipendere da aree diverse, secondo lo scopo e dunque l'intenzione (la soggettività) del gesto[2], accertando che le aree corticali, pur svolgendo ruoli diversi, non operano mai da sole, né sono mai responsabili uniche di un determinato processo, si é dimostrato che la struttura cerebrale possiede una libertà di strutturazione e ristrutturazione ben più grande delle rappresentazioni comunemente accettate, non riconducibile a una qualunque topografia di tipo statico (l'homunculus) e che l'organizzazione del SNC é correlata al comportamento del soggetto, contraddicendo tanto l'immagine di aree cerebrali particolarmente localizzate e generatrici di comandi motori specifici, che quella di funzioni cerebrali come "entità", contenute, una volta per tutte, in strutture determinate.
Si doveva ammettere, insomma, che l'architettura cerebrale è costituita da un complesso mosaico largamente distribuito, dotato d'una gran ricchezza d'interconnessioni e d'una flessibilità incompatibile con qualsiasi schema predefinito e che, in questa architettura, le funzioni cerebrali (e specialmente le funzioni cognitive[3]) sono il frutto dell'interazione tra elementi non necessariamente contigui, concorrenti, di volta in volta, all'organizzazione d'una struttura funzionale.
Nello stesso tempo, si é verificato che la capacità dei neuroni indenni di "germogliare", ricostituendo un tessuto cicatriziale, atto ad assumere le funzioni dei neuroni scomparsi, persiste, anche in età adulta, in parecchie regioni, mostrando che la plasticità cerebrale[4] é una proprietà intrinseca che consente al SNC di modificare la propria strutturazione, in funzione dell’esperienza, elaborando nuove connessioni, nuovi circuiti, stabili nel tempo.
D'altro canto, evidenze cliniche e sperimentali mettevano in luce il ruolo essenziale dell'apprendimento, confermando l'importanza dei processi cognitivi nell'integrazione delle informazioni provenienti dal corpo e nella pianificazione delle sequenze motorie, sottolineando il contributo della soggettività degli attori alla strutturazione delle funzioni cerebrali. Anche se i suoi meccanismi non sono ancora sufficientemente chiariti, si costatava che la neuroplaticità é fortemente correlata alla mobilizzazione di facoltà intellettuali come la memoria e la percezione[5] e che il rimodellamento duraturo dei circuiti neuronali (sinaptogenesi) é favorito dagli stessi processi d'apprendimento[6] che permettono all'individuo sano d'acquisire nuove abilità, grazie alla mobilizzazione delle funzioni cognitive. Infatti, quando deve imparare, quando é di fronte a un problema, il soggetto sottopone le competenze precedentemente acquisite a un intenso lavorio di tentativi ed errori, sollecitando l'assieme delle strutture cerebrali e favorendo, così, l'elaborazione di nuovi itinerari e connessioni che si aggiungono ai circuiti di comunicazione già tracciati e memorizzati, utilizzati nei comportamenti di routine.



[1] Sotto la spinta crescente dei nuovi saperi neurofisiologici, anche le metodiche neuromuscolari faranno evolvere, soprattutto, il quadro delle loro considerazioni teoriche; ad esempio, a partire dal 12° meeting annuale IBITA (1996), la metodica Bobath integrerà i concetti d'informazione afferente, d'apprendimento e di neuroplasticità, nelle considerazioni che fondano le sue pratiche empiriche.
[2] Ad esempio, stimolare il polpastrello dell'indice con delle vibrazioni, provoca un'espansione dell'area cerébrale corrispondente, solo se il soggetto deve discriminare tra vibrazioni di frequenze diverse …Tendere l'indice per sfiorare un tessuto (presa d'informazioni tattili), piuttosto che per impadronirsene (informazioni spaziali e chinestesiche), mette in tensione aree cerebrali diverse. Insomma, uno stesso gesto della mano informerà un'area corticale controllata da afferenze sensoriali-tattili, piuttosto che un'area controllata da afferenze muscolari-articolari, secondo le finalità della programmazione e secondo le diverse funzioni che la mano sta assolvendo.
[3] Attenzione, memoria, intelligenza, rappresentazione, percezione, immaginazione, intenzionalità, affettività, capacità di giudizio, autoregolazione, scelta d'un obiettivo, elaborazione di concetti, organizzazione, pianificazione, emozione, linguaggio …
[4] La neuroscienza ha ammesso solo di recente la rigenerazione dei neuroni in età adulta, malgrado i seri indizi che suggerivano la sua esistenza, fin dagli anni 1960. La capacità di neuroni ancor funzionali di moltiplicare le ramificazioni, producendo dendriti e germogli, riscontrata dapprima, nell'ippocampo, é stata osservata anche in molte altre regioni (corteccia cerebrale, cervelletto, striato...).
[5] Facoltà d'organizzare e d'interpretare le proprie sensazioni, integrandovi immagini e ricordi, in modo da poter giudicare un oggetto o una situazione.
[6] Si tratta degli stessi processi intellettuali d'acquisizione progressiva (l'apprendimento) di nuove abilità messi in opera, da ogni individuo, fin dalla fase fetale per affrontare la sfida quotidiana di dare un senso al mondo. Sono proprio questi processi che permettono la strutturazione cerebrale, intimamente legata alle caratteristiche, più o meno ricche, più o meno stimolanti del contesto.

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